venerdì 26 agosto 2011

I professionisti della salute

APERTURA di Carlo Mazza
"Un avvocato integerrimo con amici che si sono arricchiti razziando soldi pubblici. O che sono entrati in banca per gestire gli affari favoriti dagli appalti alle imprese private della sanità pubblica. Legami pericolosi che possono portare alla morte."



L'avvocato Augusto Spadaro percepì una vaga ostilità nello sguardo del professor Niccolò De Marinis. Si accomodò in poltrona, nella quieta penombra del salotto che odorava di cera. Il professore era in vestaglia. «Un'ostentazione di indifferenza», rifletté preoccupato Spadaro. Poi si rincuorò immaginando che potesse trattarsi piuttosto di una prova di familiarità. Entrò di corsa un minuscolo cocker. Abbaiò un paio di volte verso Spadaro, che gli rivolse un lieve sorriso celando la propria avversione per i cani.
«Come sta la signora Paola?» chiese Spadaro.
«Bene» rispose De Marinis. «È uscita a fare compere con Giulia. Dovrebbero tornare tra poco. Lo sai che Giulia la settimana prossima si laurea con una tesi su "Economia e legislazione per l'impresa"?».
«Tua figlia è sempre stata una ragazza in gamba».
«E tu? Sempre impegnato in politica?»
«Le cose sono molto cambiate. Ma quando Leo ha bisogno di me io rispondo all'appello».
«Leo?»
«Leonardo Barracane, il senatore».
«Ah, lui. Sempre in gamba, immagino».
«Infatti. Spesso mi chiede di te. Come pure Anniboni».
«Il ministro? Sono lusingato. E tu che cosa gli dici?»
«La verità» esclamò Spadaro in tono di bonario rimprovero.
«Che sei un misantropo».
«Il lavoro mi prende molto».
Prima dell'incontro Spadaro aveva riepilogato mentalmente e con la massima cura le proprie argomentazioni. «Sono qui per farti una proposta» disse serio.
«Ti ascolto» rispose De Marinis con la consueta aria austera.
«Mi pare che il lavoro di consulenza che la Banca Normanno ti ha affidato per certificare la qualità dei crediti proceda bene».
«Direi di sì».
«Se tu avessi bisogno di qualcosa considerami a tua disposizione. Per esempio, riguardo alle stanze che sono state allestite per te e i tuoi collaboratori, se ci fosse necessità di altri armadi per sistemare le pratiche da esaminare o di un tavolo per le riunioni, fammelo sapere. Qualsiasi cosa, lo sai».
«Dispongo già di quanto mi serve. Il presidente è stato molto cortese, mi ha accontentato in tutto. Ha scelto anche i quadri da appendere alle pareti, tra cui uno di un austriaco dell'Ottocento, un certo Bauer, che pare abbia un discreto valore. Comunque, grazie».
«Sai che per il rilancio della nostra banca il lavoro che ti è stato richiesto è decisivo. Lo riteniamo il punto di partenza per il risanamento».


«Parlavi di una proposta» osservò il professore con una punta d'insofferenza.
«Ti chiedo solo un minuto di pazienza, Niccolò. Avete già esaminato il rapporto sul Polo Sanitario Meridionale?».
De Marinis annuì. «Devo rileggere la relazione e firmarla».
Dopo un colpetto di tosse Spadaro si schiarì la voce: «Perdonami se abuso della tua disponibilità, ma ho ancora un'altra domanda. Il Posme è uno dei nostri clienti più importanti. Le tue valutazioni segnalano per caso un credito a rischio d'insolvenza?».
«Augusto, così mi metti in difficoltà. Sono informazioni ancora riservate».
«Niccolò, se le tue conclusioni sono sfavorevoli le cliniche del Polo andranno a fondo. La proprietaria, Regina Malatesta, mi ha detto a chiare lettere che la revoca delle nostre linee di credito significherebbe la fine».
«Io e i miei collaboratori abbiamo svolto una verifica tecnica. Le decisioni che la banca assumerà in merito non sono affari miei».
Spadaro, mentre il cocker gli annusava le scarpe e l'orlo dei pantaloni, assentì con il capo, mostrandosi consapevole ma amareggiato. Poi cambiò espressione, scrutò il suo interlocutore con uno sguardo grave, protese il busto in avanti e sussurrò: «Tu sai bene perché Mathias Princigalli ha comprato la banca. Il suo obiettivo è risanarla e poi venderla per realizzare il suo guadagno».
«Così si dice».
«Si dice anche che il nostro caro presidente, con la liquidità ottenuta dalla vendita, punti a partecipare alla cordata che intende scalare la Berluti Bank».
«Vieni al dunque, Augusto».
«Le sue condizioni di salute lo costringono a lasciare l'incarico, è molto provato. Potrebbe indicare un suo uomo di fiducia, uno della sua corte a Parigi, ma so che sta valutando la scelta di affidare la presidenza della banca a qualche personalità del territorio, per placare le polemiche sulla proprietà straniera».
«Mi riferisci storie che conosco già».
«La situazione è chiara. Dobbiamo essere preparati».
«Dobbiamo? Intendi noi due?».
«Niccolò, vorrei che portassimo avanti una proposta nostra».
«E quale sarebbe?».
«Princigalli punta a una scelta strumentale, utile a dimostrare la fondatezza della sua politica di rilancio della banca, che risulterà credibile solo se il suo sostituto sarà un tecnico di indiscusso valore. Per esempio, uno come il professor Niccolò De Marinis».
«Mi hanno già riferito che il francese intenderebbe includermi in una rosa di candidati ma sono incredulo, non mi pare di essere così in vista».
«Stai scherzando? Hai una reputazione eccellente e sei conosciuto
più di quanto credi».
«Bontà tua. Ma non voglio brigare per la mia nomina, preferisco essere fatalista. Se la scelta dovesse ricadere su di me, bene. Altrimenti pazienza».
«E invece dovresti essere più deciso».
«Che cosa posso dirti?» mormorò De Marinis sorridendo serafico. Così dicendo allungò il braccio verso la ciotolina poggiata sul tavolino basso e scelse con cura un cioccolatino. «Sarà l'età».
Spadaro rifletté su come insistere e per guadagnare tempo imitò il suo interlocutore, scartando piano una caramella al limone.
Il professore insinuò sornione: «Perdonami, Augusto, ma tu escludi che la scelta possa ricadere su di te?».
Sorpreso dalla domanda diretta, Spadaro s'infilò in bocca la caramella e la divorò in un attimo. «Ma figurati! Non ci penso nemmeno!» esclamò scuotendo il capo.
«Perché?»
«Perché sarei sconfitto in partenza, tu hai molte più credenziali di me. E poi i miei rapporti con Princigalli sono pessimi».
«Hai già parlato con qualcun altro della mia candidatura?».
Spadaro valutò la domanda: per la prima volta dall'inizio del colloquio De Marinis mostrava un certo interesse. Finalmente si apriva un varco nell'imperturbabile tranquillità del professore.
«Sì, con Rafaschieri» rispose. «Ho accennato la cosa anche a Sherrill».
«E gli altri?»
«Si accoderanno».
«Se l'avvocato Spadaro e i suoi amici mi offrono aiuto - pensò De Marinis - significa che le cose sono molto più avanti di quanto immagini». S'impose di proseguire la conversazione con prudenza.
«Allora, sei dei nostri?» chiese Spadaro sorridendo amabilmente. Lo sguardo tradiva però una certa apprensione.
«Sono piuttosto scettico sull'importanza del vostro appoggio. Conosco bene il francese e so che non si lascia influenzare nelle proprie decisioni. E comunque mi piacerebbe sapere per quale ragione sei così determinato a sostenermi».
«Qualcuno dice che sei troppo distante, che te ne stai sempre per i fatti tuoi. Ti vogliamo nel gruppo, perché ti consideriamo uno di noi».
De Marinis rise.
Spadaro sibilò contrariato: «Perché ridi?».
«Siamo uomini d'età, non è vero? Che cosa mi proponi, di fare delle scampagnate insieme?».
L'avvocato emise un respiro affannato e immaginò di azzannare al collo il professore. Lo fissò negli occhi con uno sguardo paziente e rispose: «Ci auguriamo che, una volta nominato, tu tenga conto delle nostre esigenze».
«Le vostre esigenze? Di chi parli?».
«Di me, degli altri membri del consiglio. Di tutti i nostri amici, da Barracane ad Anniboni».
«In concreto?»
«La settimana prossima discuteremo in consiglio di amministrazione delle linee di credito concesse al Posme. La proposta di delibera è il passaggio a sofferenze, dovremmo revocare ogni affidamento, così vuole Princigalli. Io e gli altri consiglieri intendiamo invece confermare i crediti. Ti chiedo di sostenerci: adesso con la tua autorevolezza di tecnico, e in seguito nel ruolo di presidente».
Il professore, infastidito, scandì le parole con voce ferma: «Se ti sostenessi in questa battaglia, che comunque non potresti mai vincere, perderei la mia reputazione. Nessuna persona ragionevole può concedere fiducia al Posme, sai bene che è un carrozzone ormai allo sfascio».
Spadaro avvertì un malessere insinuarsi nel petto e nelle viscere. Fissò il professore e notò che le sue guance apparivano pallide, in contrasto con la trama fiorata del divano dai colori verdi e bluastri.
«L'hai scritto nella tua relazione tecnica?» chiese agitato.
«Sì».
«Se non rinnoviamo il credito le cliniche chiuderanno i battenti - argomentò Spadaro incattivendo lo sguardo - Tremila dipendenti messi in mezzo a una strada. Tu non ti rendi conto».
DeMarinis sentì esaurirsi la propria dotazione di diplomazia.
«Non fare il buon samaritano con me, ti conosco troppo bene. Su questa storia hai sempre fatto indebite pressioni a tutti e dovrai spiegare perché. Tu e i tuoi compari ci siete dentro dalla testa ai piedi. Alla prossima riunione del consiglio di amministrazione, quando discuterete del Posme, il tanfo dei vostri malaffari sarà così forte che Princigalli potrebbe chiedere le vostre dimissioni immediate. Quanto a me, se deciderà di nominarmi al suo posto, bene. Altrimenti, pace. Ho sessantacinque anni, non mi manca niente e posso campare anche senza incarichi».
«Niccolò, non metterti di traverso - intimò Spadaro alzandosi di scatto -. Non mi provocare!»
«Sei tu che devi stare attento».
«Che vuoi dire?»
«Sono vent'anni che fai quello che ti pare. E sono stati vent'anni di porcherie».
Spadaro ridacchiò nervosamente. «Porcherie? Facile a dirsi. Lo devi dimostrare».
«Sono storie passate e io non ho voglia di fare il cavaliere senza macchia e senza paura. Ma stai attento: la misura è colma. Ne hai combinate troppe, non è più un segreto per nessuno...».
Spadaro liberò la collera fino ad allora trattenuta: «Pensavo che ti fosse rimasto un po' di sale in quella tua grandissima testa di cazzo» ringhiò mostrando il pugno in faccia a De Marinis. «Continua a fare il professore dei miei coglioni! Solo quello puoi fare! Crepa tra i tuoi libri di merda!»
E andò via senza aggiungere altro, mentre il cocker gli abbaiava contro con sorprendente energia.


Questo racconto è l' incipit di uno dei due romanzi che apriranno la collana «Sabot/Age» della casa editrice E/O e già nelle librerie.
«Lupi di fronte al mare» è una storia basata sull'intreccio tra banche, finanza, imprese sanitarie, politica e quella criminalità organizzata che ha messo il doppio petto per riciclare i suoi profitti e per cercare nuovi ambiti di investimento. In questo groviglio di capitali, politica e crimine non potevano mancare professionisti, avvocati e magistrati disposti a tutto pur di partecipare alla spartizione della torta.

1 commento:

  1. Letto in due giorni. Hai scritto un "giallo" dall'architettura perfetta: struttura solida, piena padronanza delle linee narrative, "montaggio" serrato tra le sequenze, sapiente gestione delle "pause", e una notevole figura di "cattivo", l'avvocato Spadaro. Se non ti conoscessi, non crederei che questo è il tuo romanzo d'esordio, per la padronanza con cui hai gestito la "macchina" narrativa del libro. A livello di "archi-testo", ho trovato azzeccata e tematicamente fertilissima la specularità, costruita per via oppositiva, tra l'arco drammaturgico di Spadaro e quello di Bosdaves: una discesa agli Inferi e una risalita dagli Inferi; o, anche, la caduta per l'avidità e la risalita dalla propria accidia, se mi posso permettere una libera interpretazione del sottotesto che nutre la superficie letterale del testo. E' proprio in questo che il romanzo trova, a mio avviso, il suo peso specifico e il suo "valore aggiunto letterario". Direi meglio: la sua "urgenza". Nella capacità, cioè, di sollevarsi a racconto morale (ma non moralistico) e ad affresco di un'epoca: un'epoca in cui l'avidità di denaro costituisce il motore immobile delle dinamiche sociali, in cui il potere si delinea come saccheggio sistematico del bene comune, ed in cui il bene, talvolta, si costituisce come complice del male, quando si abbandona alla rassegnazione e al disincanto passivo. Il disorientamento di Bosdaves, la sua ricerca esistenziale è la ricerca di tutti noi: finalizzata a ritrovare nella semplicità di un quotidiano normale, ma mai banale, l'anticorpo necessario a sopravvivere in un mondo di lupi. Talmente avidi che, se potessero, divorerebbero anche il mare.
    Bravissimo Carlo. Complimenti.
    Fabio Baccelliere

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