venerdì 11 novembre 2011

Il male ci è familiare – Intervista a Carlo Mazza

A cura di Dmitrij Palagi per La Prospettiva

1) La Prospettiva ha già avuto modo di intervistare i fondatori del movimento Sugarpulp e Massimo Carlotto. In questo contesto si inserisce il suo esordio come autore di romanzi. Al centro della storia l’intreccio tra corruzione politica, banche e malasanità nel barese. Pensa anche lei che in Italia oggi ci sia un’assenza di informazione e che la narrativa possa sopperire in qualche modo?
Il “noir”, quale scrittura della realtà, quindi del caos e della complessità, ha riempito uno spazio lasciato libero dalla letteratura bianca, sempre più incentrata sulla narrazione delle esperienze personali degli autori, che nella scrittura tendono a rimanere nel rassicurante recinto delle loro conoscenze personali. L’editoria asseconda questo andamento. La domanda fondamentale è: perché è importante narrare la realtà? Non potrebbe essere più proficuo o gradevole narrare di favole o di utopie? La risposta è che nel nostro Paese, più che in ogni altro contesto, è necessario narrare la realtà, perché le informazioni dei mass media restituiscono una visione assolutamente distorta delle cose, finalizzata a compromettere il processo di consapevolezza da parte di ciascun individuo. Essere “bombardati” per 6 mesi dai servizi sul delitto di Avetrana ci ha convinto che i delitti possono avvenire solo in famiglia.
2) Capita in mezzo alle pagine del romanzo di leggere citazioni di Weber e dissertazioni dense di questioni legate al sociale. Emergono dei personaggi forti, le cui azioni sono direttamente conseguenti al proprio modo di vivere e a delle scelte consapevoli. Cosa c’è dietro a questi elementi?
Sono personaggi verosimili perché realistici negli atteggiamenti, nelle parole, nella gestualità e nel modo di pensare. In particolare, quelli negativi esprimono una coerenza di fondo tra l’agire e la pochezza esistenziale che li domina e sono in parte presenti in molti di noi, che spesso navighiamo sulla linea di confine tra il bene e il male, tra egoismo e solidarietà, tra indifferenza e impegno civile. Non siamo sulla cima di una montagna, trasparenti e immacolati, a guardare il formicaio dei malvagi. Il male ci circonda e ci è familiare, il bene pare inaccessibile. Con questa umana condizione dobbiamo fare i conti.
3) Tra gli autori da lei citati come punti di riferimento ci sono Hemingway e Ammaniti. Dai classici ed autori italiani contemporanei: quali aspetti hanno più influenzato? Com’è ritrovarsi vicino a un movimento come quello del Sugarpulp, che propone un tipo di storie diverse dal suo esordio, in termini di clima e azione?